
Un nuovo annuncio è stato diramato dai Centri per il controllo e la prevenzione delle malattie (CDC) statunitensi in relazione ad una nuova malattia infettiva causata dal batterio Burkholderia pseudomallei. Per ora sono noti solo tre casi, uno in Kansas, uno in Minnesota e uno in Texas, relativi a due adulti ad un bambino.[1]
Questo batterio causa la melioidosi,[1] una patologia infettiva che può essere asintomatica ma che può mostrare anche sintomi quali febbre, alterazioni della cute, polmoniti, ascessi, infiammazione del cervello e delle articolazioni e un basso livello di pressione sanguigna.[2] Molto spesso l’infezione umana avviene tramite acqua inquinata. I batteri possono introdursi nel corpo umano attraverso l’ingestione della stessa acqua ma anche tramite le ferite o l’inalazione. Si tratta di una malattia tipica dello studio-est asiatico, in particolare delle zone a sud-est della Thailandia e dell’Australia settentrionale. Nei paesi occidentali non è molto conosciuta e quei pochissimi casi vengono quasi sempre importati da queste aree.[1]
Dei tre casi segnalati dai CDC statunitensi, per il momento, solo il primo, identificato nel marzo del 2021, è risultato fatale. Gli altri due pazienti sono stati identificati a maggio e solo uno di essi è ancora ricoverato. I pazienti non avevano viaggiato al di fuori degli Stati Uniti continentali recentemente così come i membri delle loro famiglie e quindi la causa di questa infezioni è ancora da spiegare.
Il caso della persona morta presentava comunque diversi altri fattori di rischio tra cui broncopneumopatia cronica ostruttiva e cirrosi. Il paziente è morto dopo 10 giorni di ricovero in ospedale.[1]
Il Burkholderia pseudomallei può infettare sia gli esseri umani che gli animali e il tasso di mortalità può variare ed è compreso tra il 10 e il 50%. Secondo i CDC le persone più a rischio di contrarre la malattia sono i diabetici, coloro che soffrono di malattie renali o di patologie polmonari croniche. La stessa melioidosi, per quel che si sa ad oggi, non può essere trasmessa da persona a persona se non tramite specifici casi come quelli relativi all’inoculazione percutanea.[1]
Ad oggi il batterio risulta resistente a multiagente antimicrobici e ancora nessun vaccino è disponibile.[2]