
La patologia denominata disforia dell’integrità corporea (BID), considerato un disturbo mentale, vede il paziente avere la netta sensazione che uno dei loro arti sani non faccia parte del loro corpo. Spesso il soggetto agisce come se l’arto mancasse del tutto e nei casi più gravi il soggetto stesso può tentare di eseguire la sua amputazione “per sentirsi completo”.
In un nuovo studio, pubblicato su Current Biology, un team di ricercatori analizza proprio questa patologia e scopre che è legata alla mancanza di una particolare struttura, con relativa connessione, nel cervello.
Come spiega Gianluca Saetta, studente di dottorato Università di Zurigo e primo autore dello studio, la sensazione che un arto sia mancante o che non appartenga al corpo è legata alla capacità da parte del cervello di collegare l’area dell’arto sensomotorio a tutte le altre aree: “Fondamentalmente coinvolti in questa sensazione sono anche la connettività funzionale e la densità della materia grigia nell’area più cruciale per la rappresentazione di come dovrebbero apparire i nostri corpi: la regione parietale destra del cervello”.
Inoltre il ricercatore insieme ai colleghi ha fatto un’interessante scoperta: meno materia grigia è presente in questa specifica regione parietale del cervello, più alto e il rischio di avere il desiderio di amputare l’arto e più i soggetti tendono a comportarsi come se l’arto non fosse presente. Si tratta di una sorta di simulazione mentale che il soggetto mette in atto per alleviare il senso di angoscia e di vero e proprio “disallineamento” tra come “sentono” il proprio corpo e come invece lo vedono.
Saetta, con l’aiuto di Peter Brugger della della Clinica Universitaria Psichiatrica (PUK) di Zurigo, autore senior dello studio, ha svolto degli esperimenti su 16 uomini che avevano il forte desiderio di amputare la gamba sinistra sana. Confrontava il cervello di questi soggetti con altri 16 individui sani che fungevano da gruppo di controllo. Il ricercatore scopriva una alterazione in due regioni collegate alla BID: il lobulo paracentrale destro (rPCL), un’area dedicata alla rappresentazione somatosensoriale primaria dell’arto, e il lobulo parietale superiore destro (rSPL). Entrambi mostravano una connettività ridotta e una concentrazione di materia grigia altrettanto ridotta.
Gli stessi ricercatori notavano che non c’erano alterazioni evidenti a livello strutturale nell’RPCL, cosa che suggerisce che non c’erano prove che i soggetti con BID non erano in grado di “sentire” la gamba sinistra a causa di qualche difetto fisico.
“Mostriamo chiare associazioni tra uno stato mentale e i cambiamenti nella struttura e funzionalità del cervello”, spiega Brugger. “Se la firma neurale della BID viene prima e ostacola lo sviluppo della normale proprietà degli arti o se decenni di preoccupazione per la mancanza di tale proprietà modulano i circuiti cerebrali che mediano la consapevolezza corporea non è possibile rispondere”.
Attualmente questa condizione viene considerata come rara ma Brugger sospetta che sia più diffusa di quanto creduto in quanto è molto probabile che molti soggetti che ne soffrono non condividono la cosa con nessuno. Gli stessi ricercatori credono che le tecniche di stimolazione cerebrale potrebbero forse rivelarsi utili nell’aiutare queste persone e che ulteriori studi dovrebbero essere effettuati.
Approfondimenti
- Neural Correlates of Body Integrity Dysphoria: Current Biology (IA) (DOI: 10.1016/j.cub.2020.04.001) (PDF – PDF su IA)
- Body integrity dysphoria – Wikipedia in inglese (IA)