Deboli scosse di corrente elettrica pulsata unita al calore possono rivelarsi molto utili per ottenere effetti antiinfiammatori e antifibrotici nei reni, soprattutto nel contesto della sindrome nefrosica. Secondo i ricercatori dell’Università di Kumamoto in Giappone, infatti, un approccio del genere contrasterebbe l’apoptosi, ossia la morte delle cellule renali.
I primi esperimenti clinici, secondo i ricercatori, hanno dimostrato che questo trattamento risulta sicuro ed efficace per gli esseri umani.
Cos’è la sindrome nefrosica
“Sindrome nefrosica” è una locuzione che si usa per indicare una malattia renale che causa la fuoriuscita di quantità alterate di proteine nelle urine provenienti dal sangue. Ciò avviene a causa di danni al glomerulo, quell’area del rene che ha un ruolo principale nella filtrazione delle urine. Ne conseguono condizioni quali ipoalbuminemia ed edema.
Trattamenti standard per la sindrome nefrosica
Come trattamento primario di solito vengono usati gli steroidi, i quali si rivelano abbastanza efficaci, ma alcune forme di sindrome nefrosica sembrano resistenti a questa tipologia di farmaco. Inoltre molto spesso si tratta di trattamenti a lungo termine e ciò solleva delle preoccupazioni riguardanti gli effetti collaterali di farmaci come gli steroidi. Ecco perché c’è bisogno di terapie nuove e più efficaci che non procurino troppi effetti collaterali.
Stimolazione elettrica lieve + shock termico
Il ricercatore Hirofumi Kai, insieme ai suoi collaboratori, ha quindi analizzato l’utilità della stimolazione elettrica lieve (MES) unita allo shock termico (heat shock, HS) in alcuni topi con sindrome nefrosica refrattaria.
Dopo aver somministrato il farmaco adriamicina ai topi per provocare l’insorgenza nel loro corpo della sindrome nefrosica, i ricercatori hanno applicato il trattamento MES + HS in sedute della durata di 10 minuti per due volte a settimana per quattro settimane.
Risultati incoraggianti
I ricercatori notavano nei topi esposti a questo trattamento un livello di albumina nelle urine inferiore del 50% e del 75% rispetto al 7º giorno e al 10º giorno dopo che la malattia era stata indotta. Inoltre i topi trattati con MES + HS potevano contare anche su migliori livelli di proteinuria e su livelli più bassi di creatinina sierica. Diminuivano anche livelli di azoto ureico e migliorava la disfunzione renale. Secondo i ricercatori la terapia a base di MES + HS protegge non solo i glomeruli ma anche i tubuli.