Smaltire scorie nucleari in depositi salini sotterranei, forse è possibile

Il contenitore progettato dai ricercatori durante una fase di test (credito: DOI: 10.2136/vzj2018.08.0160 - Johnson - 2019 - Vadose Zone Journal - Wiley Online Library)

I rifiuti prodotti dal settore dell’energia nucleare rappresentano ancora oggi un grosso problema in termini di smaltimento. Sono molti i depositi che aspettano, da decenni, di essere smaltiti e gestiti definitivamente. Le soluzioni proposte dagli scienziati sono diverse e una nuova proposta arriva dal ricercatore Phil Stauffer e dei suoi colleghi di Los Alamos National Labs e del Dipartimento dell’Energia degli Stati Uniti, nonché di altri laboratori nazionali statunitensi.

Secondo i ricercatori tra i principali candidati per effettuare lo smaltimento sicuro delle scorie nucleari ci sono le formazioni saline profonde, come spiega lo stesso Stauffer. Le scorie nucleari, in particolare quelle “di alto livello”, possono creare, anche quando sono state depositate in un luogo più o meno sicuro, molto calore oltre al livello normale di radioattività. Si tratta di due fattori che devono essere contenuti se si pensa di poter smaltire le scorie in maniera sicura e per un tempo indefinito.

Proprio per questo i ricercatori propongono di sfruttare i depositi di sale, in particolare quelli del sottosuolo. Si tratta di depositi “autorigeneranti”, con un basso livello di permeabilità e con un buon livello di conduzione del calore. Si tratta di caratteristiche importanti per far sì che il calore prodotto dalle scorie possa essere rilasciato e quindi disperdersi. Inoltre le formazioni saline rappresentano un’ottima barriera per quanto riguarda il rilascio dei radionuclidi e quindi per ciò che concerne il livello di radioattività.

A partire dal 2018 vari test sono stati eseguiti negli Stati Uniti da parte del Dipartimento dell’Energia. Vengono creati, tramite complesse grandi strutture di perforazione, dei pozzi che raggiungono depositi di sale del sottosuolo per eseguire test di riscaldamento proprio su questi depositi e capire la fattibilità di un progetto del genere. Ora gli stessi ricercatori aspettano di poter eseguire un test più importante, su larga scala, come spiega Stauffer. Gli stessi ricercatori stanno facendo affidamento anche alle modellazioni effettuate al computer per prevedere alcuni risultati: “La modellazione a lungo termine può essere utilizzata per sviluppare la pressione iniziale appropriata e altri fattori importanti per i pozzi”, spiega Stauffer. Intanto gli stessi ricercatori hanno già pubblicato uno studio sul Vadose Zone Journal.

Note e approfondimenti

  1. News Release | American Society of Agronomy (IA)
  2. Heat‐Generating Nuclear Waste in Salt: Field Testing and Simulation – Johnson – 2019 – Vadose Zone Journal – Wiley Online Library (IA) (DOI: 10.2136/vzj2018.08.0160)
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