
Uno dei problemi principali dei fossili sta nel fatto che molte delle parti dell’organismo non vengono fossilizzate e dunque tutte le informazioni al loro riguardo vanno perse, tranne in casi molto rari. Si parla soprattutto delle parti molli, ossia gli organi interni e, in talune specie, anche esterni, che rappresentano buona parte dell’organismo stesso.
Queste parti si decompongono molto prima delle parti più dure e resistenti (come ad esempio lo scheletro, i gusci, i denti, eccetera) e non vengono dunque sottoposte al processo di fossilizzazione. Ciò avviene a causa di processi ambientali legati alla mineralogia del terreno intorno agli stessi resti fossili, fenomeni comunque mai ben compresi appieno.
Una nuova ricerca, pubblicata su Geology e prodotta dall’Università di Oxford, verte proprio sullo studio delle condizioni ambientali che tendono a far degradare i resti organici prima della fossilizzazione e a minarne gli aspetti informativi fondamentali.
Secondo i ricercatori, sono particolari minerali argillosi a far sì che i resti molli e parti che tendenzialmente si decompongono più facilmente riescano a presentarsi sotto forma fossilizzata. Questi speciali minerali d’argilla sarebbero infatti tossici per gran parte dei batteri responsabili della decomposizione dell’organismo, in particolare per gli animali marini.
Gli scienziati hanno infatti esaminato oltre due centinaia di campioni di rocce cambriane e, utilizzando la tecnica della diffrazione delle polveri ai raggi X, hanno confrontato vari resti fossili con fossili simili a quello famoso dell’argillite di Burgess, un giacimento fossilifero molto ben conservato ritrovato in Canada.
I ricercatori hanno confermato l’esistenza di questi speciali minerali argillosi rappresentati perlopiù da berthierine, tossico per i batteri addetti alla decomposizione.
Secondo Ross Anderson, uno degli autori dello studio, “La Berthierine è un minerale interessante perché si forma in ambienti tropicali quando i sedimenti contengono elevate concentrazioni di ferro. Ciò significa che i fossili di tipo scistoso di Burgess sono probabilmente confinati in rocce che si sono formate alle latitudini tropicali e che provengono da luoghi o periodi di tempo che hanno il ferro potenziato”
La ricerca, che è finanziata dalla NASA, potrebbe un giorno servire anche per trovare resti di organismi viventi su altri pianeti, soprattutto su Marte.