
Gli avanzamenti fatti nel campo della tecnologia indossabile potrebbero rivelarsi molto utili per stimare i livelli di gravità o per tenere traccia dei sintomi della malattia di Parkinson. Lo sostiene un nuovo studio apparso sulla rivista npj Digital Medicine.
I nuovi strumenti nel campo della tecnologia indossabile, infatti, come dichiara Paolo Bonato, autore senior dello studio nonché professore associato di medicina fisica e riabilitazione ad Harvard, possono gestire in maniera molto efficace questo tipo di malattia e possono aiutare nello sviluppo di nuove terapie in quanto possono fornire “dati di alta qualità”.
I ricercatori hanno già svolto esperimenti su vari volontari, 60 sani e 95 con Parkinson. A questi pazienti è stato chiesto di registrare le attività quotidiane e di notificare i sintomi che avvertivano in diari elettronici.
Tutti i partecipanti venivano monitorati sia a casa sia in laboratorio anche tramite dispositivi indossabili che raccoglievano dati precisi in tempo reale.
I ricercatori constatavano che la registrazione manuale delle attività e gli auto-report erano contrassegnati da troppi falsi negativi o positivi e che non combaciavano con i dati dei dispositivi indossabili, molto più precisi.
Si tratta di risultati che mostrano che c’è bisogno di tecnologia indossabile ad alta precisione e ad alta risoluzione per migliorare il monitoraggio dei sintomi del Parkinson perché cose come i questionari o i diari giornalieri realizzati dagli stessi pazienti sono passibili di mancata accuratezza e affidabilità per una serie di fattori come la non oggettività da parte dei partecipanti stessi e una scarsa precisione dei partecipanti dovuta anche, per esempio, a rischi di affaticamento.
“Le tecnologie digitali hanno il potenziale per migliorare i metodi standard esistenti di valutazione e monitoraggio della malattia di Parkinson, non solo i sintomi motori e non motori del paziente in risposta al trattamento, ma anche la loro capacità funzionale di vivere una vita indipendente e appagante”, riferisce Kip Thomas , ricercatore della Boston University. “L’integrazione delle misure digitali negli studi clinici migliorerà la coerenza e la risoluzione dei dati a vantaggio dello scienziato, del clinico e, soprattutto, del paziente.”