
Sembrano essere riusciti, visto che gli stessi ricercatori non hanno notato segni di rigetto precoce, i due xenotrapianti realizzati da un team del Tisch Hospital della NYU Langone guidato da Nader Moazami, direttore del reparto chirurgico di trapianti di cuore. Il team è riuscito a trapiantare due cuori di maiale geneticamente modificati nei corpi di due persone decedute da poche ore ancora sotto ventilatore.
I due trapianti sono stati effettuati 19 giugno 2022 e il 9 luglio 2022. Il team ha monitorato l’attività cardiaca dopo il trapianto per tre giorni e non ha notato segni di rigetto precoce: i cuori degli animali, una volta innestati nel corpo dei due soggetti umani morti, continuavano a funzionare in maniera anormale con il supporto dei farmaci standard che si utilizzano dopo i normali trapianti tra umani ma senza supporti meccanici aggiuntivi. I ricercatori non hanno neanche rilevato segni del citomegalovirus suino (pCMV) e sono state seguite tutte le procedure per evitare la trasmissione zoonotica del retrovirus endogeno suino (PERV).
I maiali da cui sono stati prelevati i due cuori erano modificati geneticamente. Nello specifico avevano subito 10 modificazioni genetiche tra cui quattro procedure “knockout” su specifici geni onde prevenire il rigetto e la crescita anormale degli stessi organi. Il comunicato del NYU Langone specifica che non sono stati usati, durante la procedura, dispositivi o farmaci sperimentali e che le varie fasi, inclusa quella del trasporto oltre che quella immunosoppressiva, erano quelle che si mettono in atto nei normali trapianti di cuore clinici.
Moazami spiega che l’obiettivo è proprio quello di integrare tutte quelle pratiche che si utilizzano nei normali trapianti di cuore tra esseri umani utilizzando un organo non umano. Lo scopo ultimo è sempre lo stesso, come spiega Robert Montgomery, presidente del Dipartimento di Chirurgia presso la NYU: contrastare la carenza degli organi per i trapianti umani: “Il paradigma della donazione di tutto il corpo, quando la donazione di organi non è un’opzione praticabile, è fondamentale per portare avanti questo lavoro. Siamo così grati alle famiglie che si offrono volontari per partecipare a questa ricerca, che porterà a salvare migliaia di vite in più”.[1]