Bisogna ascoltare sempre la “chiamata alle feci” quando arriva la voglia di andare in bagno: lo spiega su The Conversation Martin Veysey, un gastroenterologo e medico generico che ricopre diversi incarichi accademici in Australia e nel Regno Unito. Secondo Veysey rimandare troppo spesso l’atto di espellere le feci può rallentare il tempo del transito intestinale e questo, a sua volta, può essere collegato a diversi aumenti di rischio, ad esempio di cancro intestinale, di diverticolosi, di emorroidi e di prolasso.[1]
Sopprimere abitualmente l’impulso di defecare
Secondo il ricercatore sopprimere abitualmente l’impulso di defecare può essere associato a vari sintomi tra cui il dolore addominale, stipsi, abitudini intestinali che con il tempo diventano più variabili ed imprevedibili, gonfiore, flatulenza e a lungo andare anche ad un transito più lento della materia attraverso l’intestino.[1]
Rallentamento della materia fecale nell’intestino
In particolare il rallentamento della materia fecale nell’intestino significa molto semplicemente che i residui del cibo, quelli che devono essere espulsi che sostanzialmente non ci servono più a nulla, restano nel corpo per un tempo più lungo di quanto dovrebbero. Se questo tempo si allunga sempre di più e la cosa diventa un’abitudine, questi residui vengono regolarmente sottoposti a fenomeni come fermentazione e decomposizione. Oltre alla flatulenza, questo può causare la formazione di sostanze chimiche conosciute come metaboliti i quali, restando a lungo a contatto con il rivestimento dell’intestino, la fine possono essere assorbiti. Il fenomeno del transito più lungo nell’intestino, spiega il ricercatore, può essere collegato a cancro colorettale, polipi del colino, calcoli biliari, emorroidi e diverticolosi.[1]
Alterazioni delle comunità batteriche
Inoltre alcuni studi realizzati nel corso degli ultimi anni, spiega Veysey, hanno collegato il transito più lungo nell’intestino dei residui alimentari anche alla disbiosi, ossia alle alterazioni delle comunità batteriche che vivono nei nostri intestini. Il ricercatore spiega che si può contrastare questa cattiva abitudine aumentando l’assimilazione di fibre e di liquidi tramite la dieta, facendo più attività fisica e finanche facendo ricorso alla terapia cognitivo-comportamentale che, secondo i ricercatori, in alcuni casi può migliorare anche la funzione intestinale.[1]