Trovate prove di cervelli fossilizzati di piccoli artropodi di 500 milioni di anni fa

Il fossile di Alalcomenaeus Trovato da ricercatori sembra mostrare anche tracce di un sistema nervoso (aree nere) (credito: Ortega-Hernández et al. 2019)

Prove di tessuto cerebrale fossilizzato sono state trovate in artropodi vissuti 500 milioni di anni fa secondo quanto riferisce un team di ricercatori.
Nel caso arrivasse la conferma si tratterebbe di una scoperta paleontologica molto importante in quanto risponderebbe ad una delle domande più misteriose della paleontologia: il tessuto nervoso, in particolar modo il cervello, può fossilizzarsi?

La scoperta di questi due fossili di Alalcomenaeus, un artropode vissuto tra 543 e 490 milioni di anni fa, potrebbe essere di aiuto per trovare una risposta a questa domanda. Oltre all’esoscheletro, infatti, sarebbero rimasti fossilizzati anche i tessuti molli del cervello e dei nervi, tessuti che nella stragrande maggioranza dei casi tendono a scomparire proprio perché non sono duri a differenza dello scheletro (o della dentatura).
Rispetto alle ossa, i tessuti molli si degradano molto prima e quindi non c’è il tempo necessario per avviare il processo di fossilizzazione che lascia un’impronta.

In un nuovo studio, pubblicato su Proceedings of the Royal Society B, il team di ricerca descrive il ritrovamento di questi reperti fossili avvenuti, come spiega Javier Ortega-Hernández, paleobiologo dell’Università di Harvard ed uno degli autori dello studio, in circostanze eccezionali.

Uno dei fossili, ritrovato nello Utha, presenta macchie simmetriche lungo la linea perpendicolare del corpo della creatura, macchie che ricordano quelle del sistema nervoso di alcuni artropodi oggi viventi, tra cui alcune specie di granchi, ragni e scorpioni. Queste stesse macchie contenevano anche buoni livelli di carbonio, un elemento base dello stesso tessuto nervoso.
E inoltre queste macchie scure sembrano essere collegate ai quattro occhi dell’animale, cosa che rimanda ancora una volta ad un sistema nervoso.

I ricercatori hanno poi confrontato questo fossile con altri due fossili, uno trovato nella stessa area e un altro in Cina, che sembrano essere caratterizzati dalle stesse tracce per quanto riguarda l’eventualità della fossilizzazione della materia cerebrale.

Già in passato i paleontologi avevano trovato un esemplare di Alalcomenaeus per il quale sembrava che fosse presente anche l’impronta fossilizzata dei tessuti nervosi oltre a quella dello scheletro ma l’annuncio relativo alla scoperta fu accolto con un certo scetticismo.
Ora questa nuova scoperta potrà ridare forza alla teoria secondo cui anche i tessuti nervosi possono fossilizzarsi a livello di impronte.

Un altro ritrovamento simile era avvenuto già nel 2012 quando un team di ricercatori aveva trovato un’impronta fossile di Fuxianhuia protensa che sembrava contenere anche l’impronta del cervello.
Secondo qualche ricercatore, non la maggioranza, è possibile infatti, tramite un vero e proprio colpo di fortuna, che il cervello possa fossilizzarsi e lasciare un’impronta grazie alle impronte fossili degli stessi batteri che lo hanno degradato i quali andrebbero a formare una sorta di biopellicola.

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