
I tumori esofagei possono “attivare” antichi DNA virali incorporati nel nostro genoma addirittura centinaia milioni di anni fa, una scoperta definita come “sorprendente” da Adam Bass, professore di medicina alla Columbia University il quale ha realizzato uno studio pubblicato su Nature Genetics.
Si tratta di risultati che supportano l’idea secondo la quale antichi retrovirus presenti nel genoma umano, conosciuti anche come elementi retrovirali endogeni (endogenous retroviral elements o ERV), hanno un ruolo importante in diverse tipologie di cancro. Si tratta di sequenze genetiche degradatesi nel corso del tempo e dell’evoluzione umana che non possono produrre vere e proprie particelle virali.[1]
Questi “fossili” virali possono però agire come “interruttori” attivando alcuni geni che possono causare il cancro. Ulteriori recenti scoperte hanno però mostrato che gli ERV possono in effetti anche essere d’aiuto nel contrastare il cancro stesso quando vengono trascritti in filamenti di RNA.
Come spiega lo stesso Bass, nel momento in cui le cellule attivano molti ERV, vengono prodotti molti RNA a doppio filamento nel citoplasma cellulare. Si tratta di una condizione che imita quella di un’infezione virale e che quindi può causare risposte infiammatorie. Questo, a sua volta, rende il cancro più suscettibile all’immunoterapia. Proprio per questo diversi laboratori nel mondo stanno cercando di trovare dei metodi per agevolare l’attivazione degli ERV nelle cellule tumorali.[1]
In questo caso Bass e colleghi si sono serviti di organoidi esofagei costruiti partendo dal tessuto dei topi. Hanno scoperto che, per quanto riguarda i tumori esofagei, c’è uno specifico gene, denominato SOX2, che promuove l’espressione di molti ERV. Hanno inoltre scoperto un enzima, denominato ADAR1, che degrada velocemente gli RNA doppia elica, prodotti dalla produzione stessa di ERV, che sono tossici per le cellule tumorali. “I tumori dipendono da ADAR1 per prevenire una reazione immunitaria che può essere molto tossica per le cellule”, spiega Bass che si dichiara soddisfatto di questa scoperta relativa al fatto che bloccare l’ADAR1 possa avere influenze positive per quanto riguarda il contrasto ai tumori esofagei.[1]
“Questi risultati rivelano nuove vulnerabilità nei tumori esofagei SOX2”, spiega ancora Bass, “che ora ci consentiranno di iniziare a sviluppare terapie che possono mirare precisamente alla cellula tumorale e migliorare il trattamento dei pazienti”.[1]