
Un nuovo studio, apparso su Nature Communications, mostra ancora una volta l’eccezionale adattabilità dell’Homo sapiens. Sono state infatti ritrovate, nelle foreste dello Sri Lanka, resti di piccoli mammiferi, compresi primati, con segni di tagli e di bruciature.
La scoperta è avvenuta in un antico sito archeologico abitato dagli Homo sapiens circa 45.000 anni fa. Insieme a questi resti sono stati ritrovati anche strumenti in osso e in pietra.
Il ritrovamento mostra che gli Homo sapiens erano soliti cacciare questi piccoli mammiferi, comprese le scimmie, una caratteristica unica rispetto alle altre specie di ominidi e che mostra quanto gli homo sapiens non si fermassero sostanzialmente davanti a nulla pur di colonizzare in maniera rapida anche ambienti considerati come estremi, come può essere quello di una foresta pluviale.
Lo studio mostra che le popolazioni umane di quel periodo erano solite cacciare anche piccoli animali arborei, come scoiattoli o piccole scimmie, animali non certo facili da catturare, cosa che permise loro di adattarsi anche nel corso delle migrazioni quando si dovevano attraversare ambiente estremi come deserti, ambienti ad altitudini elevate e foreste tropicali come quelle nella regione dell’odierno Sri Lanka.
La ricerca inoltre contrasta le precedenti teorie secondo cui la cattura e il consumo dei piccoli mammiferi agili veniva attuata dagli esseri umani solo in caso di necessità o in condizioni di crisi climatiche ma c’è da dire che la caccia ai piccoli mammiferi agili è sempre stata poco studiata, in particolare per quanto riguarda gli ambienti dell’Asia.
Lo sottolinea anche Patrick Roberts del Max Planck Institute for the Science of Human History, uno degli autori della ricerca: “Negli ultimi due decenni, la ricerca ha evidenziato l’occupazione umana delle foreste pluviali tropicali in Asia meridionale, Asia sud-orientale e Melanesia almeno 45.000 anni fa, quindi il potenziale per l’affidamento umano a piccoli mammiferi in questi ambienti prima di 20.000 anni fa sembra probabile”.