Le variazioni genetiche, che rappresentano la variabilità a livello genetico che c’è tra le persone, possono influenzare anche la composizione dei batteri che si aggregano di solito sulle ferite e ciò a sua volta influenza lo stesso processo di guarigione.
La scoperta effettuata da un gruppo di ricerca della Texas Tech University guidato da Caleb Phillips.
I ricercatori, che hanno pubblicato lo studio su PLOS Pathogens, credono che questa scoperta possa aiutare nel contesto delle ferite croniche per l’identificazione di biomarcatori predittivi o terapeutici.
Perla “ferite croniche” si intendono quelle ferite per le quali non ci sono segni di guarigione in un tempo di tre settimane. Molto spesso a causare questo “stallo” sono proprio i batteri sulle ferite ma attualmente non è ancora noto perché su alcune ferite ci sono particolari ceppi batterici che non sono presenti su altre.
I ricercatori hanno scoperto che le variazioni genetiche di due particolari geni, TLN2 e ZNF521, potevano essere collegate al livello di abbondanza di alcuni batteri patogeni comuni tra cui Pseudomonas aeruginosa e Staphylococcus epidermidis.
Scoprivano inoltre che le ferite che mostravano la presenza di Pseudomonas avevano anche meno specie batteriche in generale.
I ricercatori sono dunque giunti alla conclusione che le variazioni genetiche possono influenzare la tipologia e la quantità di batteri che vanno ad infettare le ferite e quindi il processo stesso di guarigione.
“Questo studio dimostra la capacità di trovare varianti nei genomi delle persone che spiegano le differenze nei microrganismi che infettano le loro ferite. Si prevede che tali informazioni guidino la nuova comprensione dei meccanismi di infezione e guarigione e la creazione di biomarcatori predittivi che migliorare l’assistenza ai pazienti”, spiegano gli autori dello studio.
Approfondimenti
- Patient genetics is linked to chronic wound microbiome composition and healing (IA) (DOI: 10.1371/journal.ppat.1008511)