
Un nuovo metodo che i virus possono utilizzare per raggiungere il sito di replicazione all’interno del nucleo delle cellule che infettano è stato scoperto da un team di ricercatori dell’Institut national de la recherche scientifique (INRS).
Collaborando con colleghi americani, i ricercatori dell’istituto francese hanno infatti scoperto che il parvovirus, una famiglia di virus che conta più di 100 specie alcune delle quali infettano anche gli esseri umani, utilizza un particolare sistema per introdursi efficacemente nelle cellule.
Questo virus risulta molto contagioso ed ha anche una considerevole resistenza quando si trova nell’ambiente. Si trasmette di solito attraverso il contatto con le feci di un animale infettato e può introdursi nei corpi di vari esseri viventi, dagli invertebrati ai mammiferi e anche negli esseri umani.
Di solito questi virus usano un enzima, denominato fosfolipasi A2 (PLA2) per introdursi all’interno delle cellule. Onde raggiungere il nucleo delle cellule in cui si introduce, infatti, questo virus viene prima assorbito all’interno di una vescicola, una sorta di compartimento della membrana della cellula da infettare. Proprio per sfuggire a questa vescicola ed introdursi nel nucleo della cellula, il virus usa un meccanismo che si basa sulla fosfolipasi A2 (PLA2).
I ricercatori hanno però scoperto che quei parvovirus che non possono far ricorso a questo enzima utilizzano un sistema secondario altrettanto efficace.
Come hanno potuto vedere all’interno del corpo del gambero tigre gigante, questo virus usa un fascio di eliche tenuto insieme da ioni di calcio. Il calcio di questo fascio, quando il virus si trova all’interno della vescicola, viene ridotto a causa del processo naturale dell’eliminazione di sostanze tossiche.
Il fascio viene dunque rilasciato e si apre il guscio proteico che racchiude il materiale genetico della membrana che permette al DNA del virus di uscire dalla vescicola per arrivare nel nucleo ed attivare la replicazione.
“Qui mostriamo ancora una nuova strategia che potrebbe non essere limitata a una linea di parvovirus, ma [potrebbe riguardare anche] altri parvovirus economicamente molto importanti, come i parvovirus del pollame domestico e quelli dei visoni d’allevamento”, spiega Judit Pénzes, primo autore dello studio.