
Qualche tempo fa la scoperta del pianeta roccioso, simile alla Terra, orbitante intorno alla nana rossa Proxima Centauri, potenziale pianeta abitabile, fu smorzata grandemente quando ci si accorse che questo pianeta era soggetto ad eventi di forte radiazione proveniente dalla stella, una radiazione sotto forma di raggi X 250 volte superiore a quella che riceviamo oggi sulla Terra.
Questa notizia abbassò di molto le probabilità che un pianeta del genere potesse ospitare vita o che un giorno potessimo raggiungerlo per fondare una stazione umana.
Un nuovo studio, però, pubblicato su Monthly Notices of the Royal Astronomical Society mostra che non tutto è perduto: anche la Terra ha subito attacchi di radiazioni all’ultravioletto così potenti nel suo passato e quando la vita già era attecchita.
Se la vita stessa sulla Terra si è evoluta fino a formare civiltà intelligenti come la nostra, ci sono buone speranze che possa succedere la stessa cosa anche sul pianeta Proxima Centauri b, in un lontano futuro remoto.
I ricercatori hanno eseguito dei modelli degli ambienti superficiali di quattro esopianeti vicini alla Terra: Proxima-b, TRAPPIST-1e, Ross-128b e LHS-1140b.
Sono pianeti che orbitano intorno a stelle nane rosse che, a differenza del nostro sole, sono caratterizzate da frequenti ed improvvise “fiammate” tramite le quali inondano i pianeti che girano intorno a loro con potenti radiazioni ad alta energia. Si tratta di radiazioni molto dannose per la vita, almeno per quella che conosciamo noi.
Con i modelli computerizzati delle atmosfere di questi esopianeti, i ricercatori hanno mostrato che queste quantità, sebbene elevate, sono comunque significativamente inferiori a quelle che la Terra riceveva 3, 9 miliardi di anni fa, un periodo durante il quale la Terra era comunque abitata da microrganismi unicellulari che evidentemente sono riusciti a sopravvivere.
A tal proposito hanno anche testato le reazioni a diverse lunghezze d’onda nell’ultravioletto del Deinococcus radiodurans, uno dei microrganismi più resistenti alle radiazioni conosciuti, e si sono accorti che non tutte le lunghezze d’onda dell’ultravioletto sono ugualmente dannose per le molecole biologiche.
Questa ricerca mostra che la vita, almeno ai suoi inizi, può essere molto resistente e può superare sfide inimmaginabili in ambienti che di solito considereremmo impossibili.
Fonti e approfondimenti
- Study: Nearest exoplanets could host life | Cornell Chronicle (IA)
- Lessons from early Earth: UV surface radiation should not limit the habitability of active M star systems | Monthly Notices of the Royal Astronomical Society | Oxford Academic (IA) (DOI: 10.1093/mnras/stz724)
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