
La vita su un pianeta extrasolare orbitante intorno ad una stella potrebbe continuare dopo che l’astro è “morto”? È la domanda che si è posta Lisa Kaltenegger, direttrice del Carl Sagan Institute della Cornell University che ha pubblicato uno studio sull’Astrophysical Journal Letters.
Supernovae e nane bianche, la “morte” delle stelle
In effetti quando pensiamo ad una stella che muore diamo automaticamente per spacciata qualsiasi forma di vita che possa trovarsi su un pianeta intorno ad essa e ciò vale non solo per quelle stelle che muoiono violentemente, con quell’esplosione immane definita come “supernova”, ma anche per quelle stelle un po’ più piccole che muoiono espandendo nello spazio i propri strati più esterni, come accadrà tra l’altro per il Sole, e rimpicciolendosi fino a diventare “nane bianche”.
Se nel primo caso, quello delle supernovae, non c’è praticamente alcuna speranza, nel secondo caso, quello in cui le stelle muoiono diventando innocue nane bianche, forse c’è qualche speranza.
Nane bianche possono ospitare pianeti con vita?
Quando il Sole esaurirà il suo combustibile, infatti, i suoi strati gassosi esterni andranno ad espandersi probabilmente fin oltre l’orbita della Terra formando una sorta di nebulosa fatta di residuo stellare. Al centro si troverà una sfera, più o meno delle dimensioni della Terra, molto calda e superdensa definita come nana bianca. Queste ultime sono considerate stelle morte in quanto non eseguono più il processo di fusione dell’idrogeno e quindi si raffreddano con il passare degli anni.
Da quando un team di astronomi ha scoperto tracce della presenza di un esopianeta orbitante intorno ad una nana bianca, ci si è cominciati a chiedere se pianeti del genere, orbitanti intorno a stelle così deboli in termini di energia emessa, potessero ospitare la vita.
Al momento non è chiaro neanche se pianeti del genere potrebbero essere pianeti di prima generazione, ossia esistenti ancor prima della “morte” della stella, oppure pianeti di seconda generazione, formatisi, cioè, dal disco di detriti generatosi dalla morte della stella stessa.
“Se il pianeta sopravvivesse alla morte della sua stella e si muovesse dinamicamente dalle regioni esterne del sistema solare iniziale, allora ci sono idee iniziali che la vita avrebbe potuto essere riparata in un oceano coperto di ghiaccio”, spiega Kaltenegger. “Tuttavia, se il pianeta si formasse attorno alla nana bianca, allora i segni della vita indicherebbero una seconda genesi.”
Identificazione di pianeti intorno a nane bianche molto più difficile
Il problema maggiore sta proprio nell’individuazione: identificare, ad esempio con il sistema del transito, un pianeta del genere sarebbe molto più difficile rispetto all’identificazione di una pianeta che orbita intorno ad una stella normale, brillante e ben visibile. Inoltre gli stessi transiti dei pianeti davanti alle nane bianche sarebbero molto più veloci e quindi ancora più difficili da rilevare.
Si spera però che con il prossimo telescopio spaziale James Webb o con l’Extremely Large Telescope (ELT) si possano ottenere più informazioni riguardanti gli esopianeti che orbita intorno alle nane bianche anche per capire la possibilità stessa di esistenza della vita su questi mondi.
Simulazioni al computer
Per il momento è possibile solo eseguire simulazioni al computer ed è quello che hanno fatto Kaltenegger e colleghi simulando una nana bianca raffreddatasi da 6000 a 4000° kelvin in un periodo di diversi miliardi di anni. Si potrebbero analizzare le atmosfere di eventuali pianeti rocciosi orbitanti intorno ad una stella del genere.
Se fossero scoperti biomarcatori che indicano presenza di ozono e metano la cosa si farebbe interessante in quanto, con il tempo, si avvierebbe un processo che porterebbe all’aumento del metano, cosa che potrebbe avere implicazioni per l’abitabilità. Un aumento di un gas serra come questo, infatti, aiuterebbe il pianeta rimanere caldo.
La stessa riduzione dell’ozono, che sulla Terra è di solito considerata una cosa molto pericolosa, in un pianeta del genere non avrebbe molte conseguenze in quanto le radiazioni ultraviolette provenienti dalla nana bianca sarebbero comunque molto più deboli rispetto a quelle proveniente dal Sole.
Inoltre la stessa superficie del pianeta acquisirebbe un quantitativo di calore sempre maggiore, con il passare del tempo, in quanto gli scienziati hanno scoperto che le nane bianche, anche se lentamente, emettono una percentuale sempre più grande della loro luce a lunghezze d’onda più lunghe, cosa che riscalda più efficientemente la superficie di eventuali pianeti orbitanti.
Approfondimenti
- High-resolution Spectra and Biosignatures of Earth-like Planets Transiting White Dwarfs – IOPscience (IA) (DOI: 10.3847/2041-8213/ab6f6a)