Vitamina D protegge da COVID-19? Ecco la risposta del nuovo studio

Credito: Annett_Klingner, Pixabay, 6200016

Diversi studi sono stati fatti negli ultimi mesi per quanto riguarda gli eventuali collegamenti tra livelli più alti di vitamina D e i livelli di rischio per quanto riguarda la contrazione del virus della COVID-19. Secondo un nuovo comunicato emesso sul sito di PLOS,[1] gli studi che hanno trovato un collegamento tra l’aumento dei livelli di vitamina D nel corpo e un rischio minore di contrarre la COVID-19 sono stati “inconcludenti e forse soggetti a confusione”.[1]
Il comunicato è relativo ad un nuovo studio pubblicato su PLOS Medicine[2] e realizzato dai ricercatori Guillaume Butler-Laporte e Tomoko Nakanishi della McGill University, Canada. Questo nuovo studio, che si è basato su analisi genetiche, suggerisce che non esistono collegamenti tra i livelli di vitamina D ed un eventuale livello protettivo contro la COVID-19.[1]

I ricercatori hanno realizzato uno studio di randomizzazione mendeliana analizzando in particolare quelle varianti genetiche già conosciute per essere collegati a livelli più alti di vitamina D. Le hanno analizzate usando i dati di 4134 persone con COVID-19 e di 1.284.876 senza COVID-19. I soggetti provenivano da 11 paesi.[1]
I risultati conseguiti dai ricercatori suggerivano che non esiste un collegamento tra livelli di vitamina D ed una maggiore o minore suscettibilità la COVID-19, compresi gli eventuali livelli di gravità di questa malattia.[1]

Si tratta, come ammette lo stesso comunicato, di uno studio che ha comunque delle limitazioni e la principale sta nel fatto che tra i soggetti presi in esame non era stato possibile analizzare anche individui con carenza di vitamina D. Questo significa che i pazienti carenti di vitamina D potrebbero in effetti avere qualche vantaggio da una integrazione di questa vitamina per quanto riguarda gli esiti della COVID-19, cosa che questo studio non ha potuto dimostrare né ha potuto negare.
Per quanto riguarda i soggetti senza carenza di vitamina D, ossia la popolazione generale, invece, i risultati suggeriscono che un aumento di questa vitamina, ad esempio tramite gli integratori, potrebbe in effetti non migliorare gli esiti della COVID-19.[1]
Altra limitazione dello studio sta nel fatto che le varianti genetiche sono state prelevate da dati relativi solo a soggetti di origine europea. Questo significa che saranno necessari ulteriori studi che prendano in esame soggetti provenienti da varie altre aree del mondo o di altre etnie tipicamente non europee.[1]

I ricercatori affermano comunque chiaramente che “l’integrazione di vitamina D come misura di salute pubblica per migliorare i risultati non è supportata da questo studio. Ancora più importante, i nostri risultati suggeriscono che gli investimenti in altre vie terapeutiche o preventive dovrebbero essere prioritarie per gli studi clinici randomizzati COVID-19”.[1]
Secondo Butler-Laporte, il modo migliore per diramare la questione sarebbe realizzare uno studio completo basato sulla randomizzazione mendeliana, uno studio che richiederebbe, oltre che molte risorse, anche molto tempo: “La randomizzazione mendeliana può fornire informazioni più chiare sul ruolo della fattori di rischio come la vitamina D perché possono ridurre potenziali distorsioni da fattori di rischio associati come l’istituzionalizzazione e le malattie croniche”, riferisce il ricercatore. Per il momento, secondo lo scienziato, non esistono prove evidenti che più vitamina D possa avere effetti positivi sulla COVID-19.

Note e approfondimenti

  1. Vitamin D may not provide protection from COVID-19 susceptibility or disease severity | EurekAlert! Science News (IA)
  2. Vitamin D and COVID-19 susceptibility and severity in the COVID-19 Host Genetics Initiative: A Mendelian randomization study (IA) (DOI: 10.1371/journal.pmed.1003605)
Condividi questo articolo

C’è un errore?

Hai trovato un errore in questa pagina? Segnalacelo!

Disclaimer notizie

Questo blog non rappresenta una testata giornalistica in quanto viene aggiornato senza alcuna periodicità. Non può pertanto considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge n° 62 del 7.03.2001. L’autore non è responsabile di altri siti collegati tramite link né del loro contenuto che può essere soggetto a variazioni nel tempo.

Notizie scientifiche.it usa i cookie per migliorare l'esperienza di navigazione (Leggi di più)


Dati articolo